400 anni dopo

 

Giuditta decapita Oloferne

Artemisia Gentileschi, Giuditta decapita Oloferne,1620, Firenze – Galleria degli Uffizi

 

Era il 1611 quando Artemisia Gentileschi fu violentata.

 

“L’artista passionale e insegnante Tassi è stato denunciato per aver violentato la figlia diciottenne dell’artista Orazio Gentileschi”

 

Lui, un artista e un insegnante, passionale.

Lei, solo figlia di un uomo.

Lei abbastanza grande per prendersi le sue responsabilità.

 

Se qualche giornale dell’epoca avesse riportato questo evento probabilmente le testate dei giornali avrebbero riportato questa frase. D’altronde è così che, tutt’ora, nel 2021, i fatti di violenza e stupro vengono comunicati dai siti internet, dai giornali e dalla televisione.

 

Cara Artemisia,

 

ho questo importante incarico di parlarti di come si è sviluppata la nostra società negli ultimi quattrocento anni, per l’esattezza negli ultimi quattrocentodieci anni, dall’avvenimento del tuo stupro.

Ora corre l’anno 2021…le città, la scienza, le arti, la civiltà, tutto si è sviluppato ma purtroppo la mentalità maschilista e la cultura dello stupro, che ti hanno ferito e distrutto tanto tempo fa, ancora pervadono le nostre giornate, i posti di lavoro, le relazioni tra coetanei, la vecchia, la corrente e la nuova generazione.

Non fraintendermi però, Artemisia, viviamo in una società che si sta svegliando, che sta sensibilizzando, che sta prendendo coscienza e sta agendo, ma una mentalità radicata così intensamente è più forte di quattrocento anni di storia, dimostrazioni e avvenimenti.

E’ un argomento ampiamente affrontato quello della violenza sulle donne e dello stupro, anche se ancora queste parole costituiscono imbarazzo, disagio, vergogna, perchè descrivono la perdità della purezza e dell’onore che, se vengono tolti ad una donna, allora questa non vale niente.

Oggi giorno circa, 6.788.000 donne italiane hanno subito violenza fisica o sessuale.

Queste sono donne che, come te, hanno trasformato il dolore in poesia, in arte, in vita e continuano a vivere, cercando di dimenticare e di superare, chi sensibilizzando, chi nascondendosi, chi denunciando, chi morendo, chi subendo.

 

La paura più grande della donna, non è mai stata il momento dello stupro, è il dopo, il modo in cui viene trattata dalla società, il modo in cui viene automaticamente cancellato quel rispetto che da poco la donna si è riuscita a conquistare nella società.

Dopo la violenza, ancor oggi, non tutte le donne riescono a denunciare, Artemisia.
Se una donna denuncia, entra in una spirale di cattiveria, giudizio, orrore, paura che la accompagnano giorno dopo giorno, in ogni luogo in cui va, specialmente se a quest’evento viene dato spazio nel grande impero dei social media e delle telecomunicazioni, in cui le parole che vengono usate, umiliano e denigrano acuminatamente la vittima. I social media schiudono il vaso di Pandora che investe la donna con giudizi, sentenze, offese, così meschine, malvagie e surreali che feriscono, violentano e distruggono la mente della donna. Quindi perché denunciare?

 

“Era ubriaca”

“se era vestita in quella maniera era come dire di sì”

“dei ragazzi che fanno gli stupidi”

“esageri, ti stai sicuramente inventando tutto”

“così la prossima volta impari a non vestirti così”

“se voleva poteva andarsene”

“doveva stare più attenta”

“se l’è cercata”

“t***a, p*****a”

 

Ma la donna è forte, la donna denuncia, va avanti perché sa che questa denuncia sarà un mattoncino in più del muro che tu, Artemisia, hai iniziato a costruire, per proteggere te, noi e le donne future da quest’incubo. Ma spesso la donna non viene creduta, per l’abbigliamento o l’atteggiamento che ha usato.

 

Ultimamente, Artemisia, c’è stata una ragazza che è finita al centro di uno scandalo, perchè ha esposto una denuncia di stupro al figlio di un personaggio noto.

E’ stata giudicata per aver denunciato troppo tardi, “addirittura” otto giorni dopo l’accaduto.

E’ stata giudicata per non aver urlato e per non essersi difesa adeguatamente, in un momento di violenza.

E’ stata giudicata per essersi messa in quella situazione, ad una festa, con dei ragazzi ubriachi che si sa, possono fare gli stupidi.

È stato riportato da alcuni giornali l’interrogatorio che è stato fatto alla ragazza.

La giornalista ha tentato in ogni modo di sottolineare l’indecisione e la titubanza della vittima nel rispondere, così da renderla meno credibile possibile.

E questo è stato l’inizio del vero incubo che trascina quest’altra povera vittima nel vortice degli insulti mediatici.

La donna viene vista come la sirena seducente che attrae i marinai, non come la vittima di una violenza da parte di un uomo che si considera così superiore da poter privare questa donna del rispetto e della condizione di poterla trattare come un altro essere umano, rispettando la sua volontà.

La donna è la vittima, ma alla fine è anche lei che poteva stare più attenta.

Nell’articolo che hanno scritto su di te, Artemisia, hanno cercato di giustificare il tuo stupratore, di sminuire la tua volontà e il tuo stupro.

 

“Quando comincia a frequentare la casa di via della Croce non ha ancora trent’anni, è brutto, ma, quando ci si mette, seducente. La diciottenne Artemisia è lusingata dalle sue attenzioni, forse s’innamora, forse crede alle sue promesse di matrimonio (…)”

 

Tu eri “innamorata”, eri “illusa“, non eri “contraria”.

Lui era un artista “con un brutto passato”, ma “seducente”.

 

Se dopo quattrocento dieci anni, di due persone che non esistono più, non si riesce ad affermare che la vittima stava dicendo no e lo stupratore ha abusato di lei, allora cosa si devono aspettare le donne di oggi?

La donna oggi, cara Artemisia, si sta conquistando il suo valore e il suo rispetto, remando contro una società che è stata educata da una mentalità maschilista, condivisa non solo da uomini, ma purtroppo anche da donne, non solo da anziani, ma purtroppo anche da giovani.

Viene portata avanti una vera e propria culutura dello stupro, che se prima veniva considerato un insulto all’onore della famiglia, ora finalmente vine considerato, non ovunque, un reato contro la persona, ma viene anche visto anche con gli occhi del proibito, del sadico, che purtroppo allettano in maniera viscerale tante menti.

Quattrocento anni non sono bastati e forse neanche altri quattrocento basteranno, ma la donna sta facendo sentire la sua voce, sta urlando e sta agendo, per tutte le volte che le è stato impedito.

Tanti aspetti della società limitano e denigrano la donna, rendendola un oggetto sessuale, una miccia che accende il piacere, che causa ciò che succede, che dovrebbe semplicemente stare al suo posto, per non peggiorare le cose.

La forza dei tuoi quadri, Artemisia, ispira la forza della rivoluzione che passo passo tutte le donne stanno portando avanti,

Spero che la prossima lettera che ti arriverà, annuncerà la fine della costruzione del muro che hai iniziato, così che finalmente noi donne saremmo protette, non dalle nostre precauzioni, ma da una società che tutela, comprende e lotta.

 

Alessandra Gentile 4EL